La psicodiagnostica (o psicodiagnosi) è la disciplina che si occupa della valutazione psicologica, di personalità e psicopatologica di un individuo, attraverso l’uso di un repertorio di questionari, batterie di test, colloqui clinici, esami neuropsicologici e valutazioni osservative.
Il colloquio clinico rappresenta, senza dubbio, lo strumento principale di inizio, svolgimento e conclusione della valutazione psicodiagnostica, e non può essere in alcun modo sostituito da tutti gli altri strumenti, anche i più affidabili e attendibili, in quanto fonda la propria forza su una relazione di collaborazione e di fiducia tra lo psicologo e la persona che richiede la valutazione, attraverso la comprensione della difficoltà presentata, dei suoi momenti critici e delle emozioni derivate.
Solitamente, l’intero processo diagnostico si articola su 3-5 incontri, definiti di “consultazione psicodiagnostica”. Nel contesto prettamente clinico, gli incontri sono spesso strutturati con un primo colloquio di conoscenza e anamnesi, durante il quale lo psicologo raccoglie informazioni più dettagliate sulla persona, oltre che sulla motivazione della consultazione, sulla sua storia personale e famigliare, sui punti di forza e di debolezza, sui vissuti e comportamenti e su aspetti importanti di personalità che possono aver creato le difficoltà attuali. Segue una fase centrale di 2-3 incontri per la somministrazione di reattivi e test specifici, e si conclude con 1-2 incontri di ulteriore sintesi dei risultati ottenuti, la formulazione di ipotesi diagnostiche ed approfondimento clinico.
Al termine di questa consultazione, lo psicologo, avendo un’idea più ampia della situazione, consegna al paziente una restituzione, ovvero una relazione su quanto emerso e, se necessario, una proposta di trattamento psicoterapeutico, la condivisione di un progetto terapeutico o di invio a strutture diverse per la sua presa in carico globale e soggettiva.