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adulto accompagna il bambino

Il dolore: come spiegarlo ad un bambino

All’interno di un sistema famigliare sono tanti gli eventi critici che possono mettere a dura prova l’equilibrio di tutti i suoi membri, come ad esempio una malattia o morte improvvisa, un incidente, una separazione, maltrattamenti subiti in prima persona o assistiti.
Ognuna di queste esperienze negative o particolarmente stressanti coinvolge spesso, se non in maniera diretta quantomeno indirettamente, anche i bambini, che assorbono in modo pervasivo il clima emotivo di tutto l’ambiente.
Ma che cosa si deve fare davanti ad eventi ad alto impatto emotivo?

È errata convinzione che i bambini, soprattutto se piccoli, debbano essere tenuti lontano dalla sofferenza o dalle “faccende” degli adulti, sperando così di salvaguardarne la serenità e il benessere.
Nonostante gli sforzi di proteggerli dalla sofferenza, l’impatto emotivo di un evento negativo in qualche modo inevitabilmente investe anche loro.
Per tale motivo, il pur comprensibile tentativo di proteggere il bambino tenendogli nascosto l’accaduto, spesso si rivela più dannoso dell’evento stesso. Ciò avviene perché permette alla sua fantasia di poter accedere a pensieri e sentimenti a volte ben peggiori della realtà, arrecandogli, di fatto, un’ansia e una profonda paura traducibili in termini di vulnerabilità fisica o psichica.

Molte ricerche, sia in campo psicologico che in campo neurobiologico e neuroscientifico, hanno dimostrato come emozioni intense quali paura, terrore, senso di oppressione, unitamente ad una intensa sensazione di impotenza, sperimentate dal bambino sin dalle prime fasi dell’infanzia, possano alterare la struttura e funzionamento cerebrale comportando l’interruzione delle normali ed abituali capacità di adattamento.
Il cervello di un bambino è, infatti, particolarmente vulnerabile ad alcuni eventi stressanti che, se sottovalutati, possono determinare un fattore di rischio importante per la nascita di problemi di salute psicofisica quali obesità, diabete anche infantile, funzioni immunitarie sensibilmente ridotte.
È in questo contesto che diventa fondamentale la presenza costante delle figure di accudimento sia per contenere e limitare le situazioni di disagio, ma anche perché esse rappresentano una risorsa indispensabile per la ripresa o la prosecuzione del normale sviluppo evolutivo del bambino, costituendo per lui quello che Bowlby definisce una base sicura. Essa consente al bambino di potersi allontanare dalla madre (o dalla figura principale di riferimento), per poter esplorare l’ambiente circostante, per poi tornarvi sicuro della relazione.
In caso di minaccia proveniente dall’ambiente esterno, invece, il bambino interrompe l’esplorazione per poter tornare dalla madre da cui poter ricevere conforto, protezione e sicurezza.
È proprio attraverso il genitore di cui si fida che il bambino guarda gli eventi che accadono ed è attraverso i suoi occhi che percepisce ed interpreta la realtà circostante.
Ma allora come comunicare ai nostri figli quanto accade?

Innanzitutto, dobbiamo tenere presente che, come gli adulti, anche i bambini possono stare male o provare un profondo dolore davanti ad eventi emotivamente significativi, come la malattia o la morte di una persona cara.
Come l’adulto, anche il bambino può entrare a contatto con emozioni intense come rabbia, impotenza, senso di colpa o profonda tristezza.
Queste stesse emozioni vengono espresse solo in maniera diversa dal bambino, sia a seconda dell’età, sia dell’intensità emotiva di tale evento.
Ad esempio, un bambino molto piccolo, oppure uno più grande ma molto timido o bloccato e che non riesce ad esprimere liberamente le proprie emozioni, può ricorrere ad altre modalità di manifestazione di un disagio, come una rabbia immotivata, un pianto improvviso, una grande irrequietezza o una profonda agitazione.
Altre volte, uno stato di disagio può assumere la forma di fobia, come la paura del buio o dei mostri, di incubi notturni che lo costringono a continui risvegli o insonnia, o ancora, sintomi fisici quali mal di testa, mal di pancia, febbre.
È bene allora, in questi casi, informare il nostro bambino di quanto stia accadendo o che succederà, senza dare false informazioni o fare promesse che potrebbero rivelarsi illusorie al punto da mettere a repentaglio la relazione di fiducia nei confronti del genitore.
Naturalmente il linguaggio deve essere adatto all’età del bambino, comprensibile e chiaro, in modo da poter rispondere alle sue domande, insicurezze o dubbi che necessitano di risposte.
Infine, è fondamentale, davanti a comunicazioni delicate, contenere le molteplici reazioni emotive del bambino, che potrebbero andare dal pianto all’aggressività o alla ribellione, nel rispetto dei suoi personali tempi di elaborazione.

Per approfondire:

  • Bowlby, J., Una base sicura. Applicazioni cliniche della teoria dell’attaccamento, Raffaello Cortina Editore, 1989;
  • Cancrini, L., La cura delle infanzie infelici, Raffaello Cortina Editore, 2013;
  • Holmes J., La teoria dell’attaccamento. John Bowlby e la sua scuola, Raffaello Cortina Editore, 2017.

Autrice: Lorella Cartia

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