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Malattia cronica: cosa succede in famiglia?

La malattia cronica, come diabete, cardiopatie, ictus, cancro, malattie genetiche o respiratorie porta inevitabilmente numerosi cambiamenti di vita che si ripercuotono direttamente e indirettamente su tutto il sistema familiare, dal momento della diagnosi e per tutto il suo decorso.
Prima di tutto, cambia la progettualità: la famiglia non è più in grado di pensare a lungo termine ma le proprie scelte sono legate al qui ed ora, ai risultati delle cure, ai sintomi presenti, alle visite mediche e ai numerosi controlli periodici.
Cambiano le interazioni sociali: gli scambi sociali sono notevolmente ridotti sia per la costante assistenza al paziente, che comporta inevitabilmente la riduzione delle uscite, e sia per il minor desiderio di contatto con gli altri, dato da un umore influenzato dalla sintomatologia o dalla stessa consapevolezza della patologia.
Il vissuto dei familiari è pertanto centrato sulla malattia: le interazioni fra i membri, l’attività quotidiana, i dialoghi e le aspettative sono tutti focalizzati sul percorso di cura.
Ciò da un lato rende i familiari operativi verso il paziente, dall’altro, con il perdurare della situazione, può comportare ripercussioni psicologiche importanti sui familiari, soprattutto quelli che più degli altri mettono da parte i propri bisogni per dedicarsi alla cura del paziente.
Da parte dell’ammalato possono invece innescarsi dei sensi di colpa per dover coinvolgere in modo così intenso e doloroso la propria famiglia o, al contrario, può verificarsi una dipendenza con delega totale di cura al caregiver principale e quindi un rimarcato bisogno di accudimento.
È in queste circostanze e dopo i primi sbandamenti che la famiglia si riorganizza, attiva appieno le proprie risorse e cerca il più possibile di compensare i propri limiti.
Nella maggior parte dei casi, l’esperienza di malattia rafforza i legami affettivi creando maggior condivisione e maggior apertura al dialogo e al confronto.
L’intera famiglia cerca di adattarsi alla nuova situazione e crea un nuovo equilibrio che manterrà fino a che la persona ammalata non potrà riprendersi interamente il proprio ruolo o, al contrario, fino al peggioramento delle sue condizioni di salute e, nei casi estremi, alla sua perdita.
Dopo la fase di disorganizzazione, infatti, e accanto ai problemi emotivi, i familiari si trovano di fronte al compito di riorganizzarsi e di adeguare i propri obiettivi alla nuova configurazione relazionale. A chi dovranno spettare i ruoli e tutte le funzioni precedentemente ricoperti dalla persona malata?
Laddove tali strategie di adattamento (coping) non risultino efficaci o vengano meno, il momento di crisi che la famiglia sta vivendo può creare profonde spaccature nel sistema.
Come sottolinea Mapelli, quando sperimentiamo la dimensione luttuosa che accompagna l’esistenza, inevitabilmente la crudezza della vita viene messa a nudo dalle forze dell’evento. S’interrompe improvvisamente la quotidianità e l’individuo, costretto a ridimensionare le proprie aspettative sul futuro, si sente indifeso, alla ricerca di una nuova identità e ruolo sociale, nonché alla ricerca di un nuovo significato della vita, con la conseguente esposizione a risposte emotive estreme, come elevato stress, ansia e disturbi depressivi.
È in questa condizione che si può sperimentare uno stato di profonda fragilità e solitudine.
Diventa fondamentale un intervento psicologico, anche in una dimensione gruppale, che faciliti lo scambio e consenta di accogliere gli aspetti emotivi legati alla diagnosi e alla convivenza con la patologia cronica.
Ciò richiede un approccio multidisciplinare ed un contesto di cura che mirino a contenere gli stati di sofferenza psicologica del malato e dell’intero sistema familiare, favoriscano la difficile accettazione del nuovo stato di vita, accompagnando il paziente in tutto il percorso, nel rispetto dei suoi tempi di elaborazione, in modo da consentirgli il raggiungimento di un adeguato stile di vita.
Infine, occorre sottolineare l’importanza per i familiari della condivisione del dolore: condividere l’esperienza della sofferenza aiuta a far fronte alla disorganizzazione che segue l’evento critico ed è la risposta che i legami offrono all’eventuale esperienza della separazione provocata dalla perdita o dalla sofferenza psicologica.

Per approfondire

  • Biondi M., Costantini A., Wise T. N., Psiconcologia, Raffaele Cortina, 2014;
  • Bowlby, J., Costruzione e rottura dei legami affettivi, Ed. Raffaello Cortina, 1996;
  • Mapelli M., Il dolore che trasforma. Attraversare l’esperienza della perdita e del lutto, Franco Angeli, 2013;

Autrice: Lorella Cartia

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