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sogno, attività cerebrale di notte

Sogno o son desto? Un cervello a tempo pieno!

Freud diceva che il sogno è la via regia all’inconscio, ovvero uno stato alterato di coscienza che permette l’emergere e il fluire libero di contenuti considerati inaccettabili e quindi, in genere, sottoposti alla censura dell’Io.
Il nostro cervello è continuamente alle prese con l’attività di elaborazione delle informazioni provenienti dall’ambiente esterno (stimoli sensoriali, visivi, uditivi) e da quello interno (pensieri, emozioni, sentimenti) che ne determinano l’adattamento alla realtà.
Tale capacità adattiva si applica in parte sopra la soglia di coscienza, ma in gran parte sotto soglia.
Possiamo dire che in media il nostro cervello si trova in modalità di veglia per circa 16 ore al giorno, mentre per circa 7-8 ore giornaliere in modalità notturna, ovvero durante la fase in cui prendono forma il sonno e i sogni.
Entrambe le attività cerebrali (notturna e diurna) sembrano attivare aree neuronali diverse.
Ma cosa succede quando dormiamo? E quando sogniamo?
Come abbiamo detto, il nostro funzionamento cerebrale non si ferma mai e predispone una modalità notturna che potremmo definire complementare a quella diurna.
In pratica, un cervello h 24!

Oggi, attraverso numerose ricerche e studi di neuroimaging, le neuroscienze ci hanno fornito un notevole contributo nel definire l’attività onirica come uno dei tentativi attraverso cui il nostro cervello cerca di elaborare le esperienze emotive, cognitive e sensoriali sperimentate durante il sonno, facendole migrare dalle aree sottocorticali quali l’ippocampo e l’amigdala, che regolano la parte emozionale, a quelle neocorticali, che costituiscono la parte cognitiva in cui si depositeranno elaborate e depurate trovando finalmente una sistemazione risolutiva.
Il materiale onirico che spesso contraddistingue i nostri sogni può essere suddiviso in tre grandi tipologie:

  • Sogni recenti, quelli più vividi che vengono ricordati in maniera lucida, spesso dettati da preoccupazioni attuali o pensieri centrati sul presente;
  • Sogni ricorrenti, che si ripresentano con una certa frequenza al sognatore. Essi spesso riguardano temi o esperienze stressanti o traumatiche non risolte che il sistema cerebrale ripropone periodicamente nel tentativo di portarne a compimento l’elaborazione;
  • Incubi, che sono caratterizzati da un’elevata intensità emotiva spesso rappresentata da forte paura, senso di vergogna, profonda sofferenza. Essi, spesso, testimoniano la presenza di situazioni traumatiche o fortemente stressanti non ancora o non del tutto elaborate.

Molti di noi riferiscono, al risveglio da un sogno, di non ricordarne il contenuto ma solo la sensazione associata ad esso, probabilmente nel tentativo inconscio del nostro Io di prendere le distanze in maniera protettiva da alcuni di essi, soprattutto se strani, bizzarri o angoscianti.
Eppure, entrare a contatto con il contenuto dei nostri sogni, anche quelli all’apparenza più curiosi, stravaganti o imbarazzanti, potrebbe aiutarci a comprendere meglio i sentimenti e le emozioni che ci appartengono e che proviamo da svegli, che spesso ci accompagnano per lunga parte della giornata.
È in questa prospettiva che il sogno diventa uno strumento fondamentale per l’attività clinica su cui si può lavorare in psicoterapia per far emergere i contenuti psichici del sognatore, anche quelli più angoscianti, restituendo loro un significato nuovo ed aiutando il nostro cervello stacanovista, anche d’estate, a lavorare di meno, almeno di notte!

Per approfondire:

  • Freud, S., L’interpretazione dei sogni, 1899;
  • Jouvet M., Il sonno e il sogno, Guanda, 1993;
  • Nielsen T., Levin R., Nightmares: a new neurocognitive model, 2007.

Autrice: Lorella Cartia

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