Dalla noia alla dipendenza da internet
Non sembra strano che in un’epoca in cui la tecnologia ci ha permesso di rimanere connessi contemporaneamente con un numero infinito di persone, ci abbia allo stesso tempo resi più soli?
Non è curioso che alla quantità di contatti presenti sui nostri molteplici profili social corrispondano di fatto molti sconosciuti che, non solo non abbiamo mai “toccato” (dal latino contactus), ma persino mai incontrato?
Sembra che questa ipertecnologizzazione cui assistiamo nei tempi contemporanei ci abbia spinto da un lato a ricercare la continua approvazione del prossimo, (chiunque sia!), e dall’altro a rimanere nell’anonimato di uno schermo dietro il quale nasconderci rendendoci più forti e slatentizzando anche gli impulsi più reconditi, prima frenati dall’occhio di una collettività più attenta!
E questa realtà investe in prima persona i cosiddetti “nativi digitali”, per i quali oggi sembra non esserci spazio per quella sana noia che permetteva di fermarsi a riflettere sulle azioni compiute e ad aggiustare il tiro.
Il cervello viene ripetutamente bombardato da incessanti stimoli sotto forma di immagini, informazioni, feedback, richieste.
Ciò, se da una parte può comportare un miglioramento nell’apprendimento, dall’altra rischia di facilitare l’esposizione a stress emotivi, incidendo anche sul ritmo sonno-veglia.
In questo vortice di frenesia spesso nasce oggi, tra gli adolescenti ma anche tra gli adulti, la tendenza ad evitare la noia riempiendo in maniera del tutto illusoria quel vissuto di vuoto tanto temuto e sofferto ormai da tutti.
E davanti a questa insofferenza deriva la mancanza di tolleranza alle frustrazioni, prima necessaria a favorire, sin dalle prime fasi di vita del bambino, il processo di sviluppo sano e adeguato all’età.
Ma cosa determina questa sensazione di vuoto?
I nuovi assetti sociali uniti ai ritmi frenetici imposti dall’era post-moderna hanno congelato le emozioni non permettendoci di condividerle con gli altri ma raccontando fatti privati della componente emotiva creando, in tal modo, un deserto emozionale in cui i mezzi tecnologici danno l’illusione di non annoiarsi e di non sentire più la paura di stare con se stessi.
Si parla di un vero e proprio analfabetismo affettivo in cui non si è capaci di riconoscere i propri sentimenti e soprattutto di chiamarli per nome.
Nella condizione di vuoto affettivo cambia anche la percezione del tempo, in cui a diventare centrale è un presente che deve essere vissuto con la massima intensità per fuggire a quel vuoto e a quella sensazione di noia che genera angoscia e solitudine.
Da qui, nasce spesso il bisogno di ricorrere ad internet e ai suo mezzi virtuali che garantiscono solo temporaneamente e in maniera effimera una sensazione di benessere.
Tale condizione, ripetuta nel tempo e con una certa intensità, può portare in breve dalla noia alla dipendenza da internet allo stesso modo con cui può manifestarsi una qualsiasi altra dipendenza.
La compulsione che porta a ripristinare il collegamento virtuale regala un’immediata sensazione di benessere, rafforzata anche dal rilascio della dopamina, e che comporta la tendenza a riprodurre, in tempi sempre minori, lo stesso comportamento compulsivo di ricerca di internet e dei suoi strumenti, non tanto per ampliare una conoscenza, quanto per costruire illusoriamente quelle che oggi potremmo definire vere e proprie relazioni autistiche.
All’aridità di certi ambienti famigliari che propongono modelli relazionali inadeguati spesso incentrati sulla negazione del dolore e sul successo, diventa quindi necessario contrapporre contesti basati sull’ascolto attivo, sull’accettazione dell’altro e sulla costruzione di relazioni empatiche.
Infine, un altro importante punto di partenza potrebbe essere quello di coltivare, sin dalla prima infanzia, un’educazione emotiva che consenta di trasmettere le conoscenze come parte integrante del processo di crescita emotiva ed intellettiva.
Per approfondire
- Adler A., Il senso della vita, Newton, 1997;
- Borgna E., Il tempo e la vita, Feltrinelli, 2015;
- Scognamiglio R.M., Russo S.M., Adolescenti digitalmente modificati, Collana «Frontiere della Psiche», Mimesis, 2018.
Autrice: Lorella Cartia