Le bugie non si dicono? I diversi aspetti del mentire
Mentire è davvero sempre disfunzionale e negativo?
Comunemente la menzogna viene associata alla disonestà, ma diverse ricerche scientifiche hanno messo in evidenza quanto, accanto alle bugie definibili come effettivamente antisociali, ve ne siano altre con funzioni positive e socialmente utili.
Se facciamo riferimento ai bambini, un aspetto poco considerato dell’attività del mentire è correlato alla possibilità di apprendere la distinzione tra la realtà esterna e quella interiore, rappresentata dai loro pensieri.
La bugia potrebbe essere definita come la verbalizzazione di una porzione di realtà intenzionalmente modificata con l’obiettivo di agire un condizionamento delle risposte cognitive, emotive e comportamentali degli altri.
Nelle bugie antisociali l’intenzione primaria è soprattutto quella di ottenere vantaggi personali, anche trasgredendo o danneggiando qualcuno, mentre quelle prosociali, quindi con funzioni positive, sarebbero finalizzate alla protezione di un’altra persona da una verità che potrebbe rivelarsi dolorosa o minacciosa.
Quest’ultima tipologia di bugie tende a presentarsi più frequentemente procedendo nel corso dello sviluppo e meno nei bambini, parallelamente alla sempre più evidente necessità di creare buoni rapporti interpersonali.
Ciò che comunque, al di là della finalità ultima, caratterizza ogni tipo di bugia sono l’affermare il falso, farlo volutamente, poiché non esistono menzogne inconsapevoli, e utilizzare questa modalità con la volontà, anche se a volte può essere riletta come “a fin di bene”, di ingannare il destinatario.
Quindi perché mentiamo?
Come già accennato, le motivazioni che possono spingere a scegliere di mentire sono varie e cambiano non solo in base all’età e alle esigenze correlate alle diverse tappe del ciclo vitale, ma anche alla personalità, al contesto, alla situazione e alla natura della relazione tra gli interlocutori.
Alcune bugie possono apparire necessarie per evitare una punizione, comuni ad esempio nei bambini, oppure per allontanare la probabilità di conflitti sia in ambito sociale che familiare o di coppia, quindi prive della finalità di recare danno ad altri, apparendo al contrario addirittura come protettive degli altrui sentimenti.
Per quanto sia necessario aiutare e sostenere i più piccoli ad evitare di alterare la realtà attraverso l’illusoria speranza che le bugie possano essere sempre utilizzate per ottenere vantaggi, sarebbe opportuno non appellarli mai come “bugiardi”, poiché tale etichetta rappresenta un pesante fardello potenzialmente in grado di minare la costruzione della fiducia in se stessi.
Per concludere, nonostante a volte la tendenza a mentire può avere un fine prosociale di difesa di chi amiamo o di mantenimento di valide relazioni sociali, non possiamo non considerare che la menzogna può rappresentare una strategia non adeguata ad affrontare le situazioni di difficoltà, nonostante le buone intenzioni.
Un possibile rischio è anche quello che tale attitudine diventi abituale portando a continue distorsioni della realtà, di manipolazione degli altri e di incapacità, con il consolidarsi di questa attività, di distinguere la realtà dalla fantasia!
Per approfondire:
- Anolli L., Mentire, Il Mulino, 2003;
- Ekman P., Friesen W. V., Giù la maschera, Giunti, 2007;
- Mastroberardino S., Psicologia della menzogna, Carocci, 2012.
Autrice: Ilaria Corona