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Perdere nel tempo i ricordi infantili

Il fenomeno che porta il nome di amnesia infantile è caratterizzato dalla perdita di ricordi autobiografici risalenti ai primi anni di vita, le cui effettive cause non sono ancora oggi ben note e alcuni recenti studi dimostrano che non sia associato ad una condizione di decadimento cognitivo attribuibile all’avanzamento dell’età, quanto più a fattori culturali, sociali oltre che individuali.
Molte persone riferiscono di non avere memorie consapevoli, se non di alcune sporadiche immagini o semplici sensazioni, dei primi tre anni di vita, altri fino addirittura ai sei anni,

Ma a cosa è possibile attribuire le cause di questo comune fenomeno?

Come già accennato, non sussistono prove certe in grado di fornire una chiara e univoca spiegazione, quanto piuttosto diverse ipotesi.
Dal punto di vista di alcuni studiosi sembrerebbe che la probabilità che un ricordo si formi e si consolidi nel tempo dipenda dalla capacità linguistica e che sia quindi ad essa associata, poiché il linguaggio parlato, quindi l’accesso verbale ai ricordi, permette la narrazione degli eventi vissuti conferendo al ricordo maggiore stabilità e struttura.
Verrebbe così spiegato il motivo per cui i ricordi risalenti al periodo prelinguistico non resterebbero impressi e mantenuti nel tempo, impedendo il successivo accesso ad essi in età adulta.
C’è da specificare che la comprensione e la presa di consapevolezza di quando abbia inizio la personale memoria autobiografica è di fondamentale importanza poiché si associa alla formazione identitaria e della personalità.
I sei anni sembrerebbero rappresentare, in molte ma non in tutte le culture, la linea di confine tra i ricordi persi e l’inizio delle prime memorie, fenomeno che alcuni ricercatori attribuiscono allo sviluppo delle aree cerebrali addette proprio alla memoria e a quello noto come effetto potatura grazie al quale, per concedere più spazio a nuove informazioni da acquisire, quelle passate verrebbero eliminate e quindi non più ricordate, per quanto presumibilmente mai perdute definitivamente!

Un’altra ipotesi è di natura socioculturale per la quale l’accesso o meno ai ricordi dell’infanzia parrebbe essere veicolato da quanto il gruppo a cui si appartiene tenda a risaltare e a conferire significatività alla storia passata e alle tradizioni della propria cultura di appartenenza.
Grazie alle narrazioni che avvengono soprattutto all’interno del sistema familiare verrebbe ad essere agevolato il consolidamento delle memorie precoci, anche attraverso il processo di condivisione di storie e vissuti con rilevanti conseguenze per il recupero degli stessi in età adulta.
Il processo dell’amnesia infantile resta comunque un mistero, si hanno teorie probabilistiche, ma ancora tante domande che attendono risposte più certe.
Inoltre, è da sottolineare che non sempre certi ricordi che riusciamo a conservare della nostra infanzia sono reali, a volte vengono confusi con ciò che recuperiamo tramite condizionamenti esterni e racconti che possono distorcere e falsificare la realtà.

Le memorie autobiografiche, per concludere, restano comunque esperienze soggettive ed individuali che distinguono le persone e rappresentano un importante pilastro nella costruzione del Sé e della personalità unica di ogni individuo.

Per approfondire:

  • Mignanelli E., L’età dimenticata, Feltrinelli, 2024;
  • Montessori M., La mente del bambino, Garzanti, 2022;
  • Schutzenberger A.A., La sindrome degli antenati, Di Renzo editore, 2019.

Autrice: Ilaria Corona

 

 

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