Venerdì 13, tocco ferro! Il significato delle superstizioni
I comportamenti superstiziosi hanno radici profonde e risalgono a tempi lontani.
L’obiettivo principale dei rituali scaramantici, che accomuna, nonostante le differenze, tutte le culture, è quello di poter avere fortuna, allontanando la negatività, ma dietro tali comportamenti, per quanto molto ancorati, non sussiste alcuna logica o spiegazione scientifica che ne supportino l’effettivo beneficio contro la malasorte, eppure molte persone ne vengono fortemente condizionate.
Ma quali bisogni si cerca di soddisfare attraverso le superstizioni?
E perché sono ancora così diffuse?
La scaramanzia, in ambito psicologico, viene paragonata a quello che J. Piaget definiva come il “pensiero magico”, tipico dello stadio dello sviluppo pre-operatorio dei bambini, attraverso il quale si attribuisce un’intenzionalità e un’anima agli oggetti (animismo).
Così la superstizione potrebbe essere vissuta dall’adulto come una possibilità di spiegare alcuni eventi, laddove la logica e la ragione falliscono, aumentando la percezione illusoria di avere maggior controllo sulla realtà e abbassando i livelli di ansia.
Si tratta, in altre parole, di un radicato convincimento che gli eventi possono essere controllati, prevenuti e regolati da comportamenti, oggetti o pensieri che non trovano però spiegazione razionale.
Ne derivano, a volte, effetti anche positivi e benefici che aumentano il senso di sicurezza e di fiducia, ma bisogna sottolineare che credere eccessivamente nelle superstizioni, al punto da ricorrervi costantemente, può determinare conseguenze contrarie, come l’abbassamento dell’autostima e l’impossibilità di far affidamento sulle proprie capacità, dal momento che si tende ad attribuire a condizioni esterne da Sé l’eventuale buon esito di alcune situazioni.
Uno degli ulteriori motivi per cui il pensiero scaramantico è ancora solido e fortemente presente, risale al suo “potere” di favorire la socializzazione, essendo trasmesso sin dall’infanzia come parte integrante della tradizione della cultura di appartenenza, radicato nell’inconscio collettivo.
Finché la superstizione è sporadica e limitata, può essere del tutto innocua o, addirittura, benefica, ma sussistono delle condizioni per cui si va incontro anche a dei rischi da non dover o poter sottovalutare, come nei casi in cui:
- Si arrivi a sviluppare una vera e propria dipendenza da oggetti o rituali (toccare ferro, evitare gatti neri, portare con sé amuleti portafortuna ecc…);
- Si attribuisca ad un oggetto o ad un comportamento, invece che alle proprie risorse ed abilità, il merito del buon esito di alcuni eventi. Ciò ha effetti negativi sull’autoefficacia personale;
- Si arrivi ad alimentare la paura della sfortuna al punto da non svolgere le consuete attività quotidiane, specie in alcuni giorni ritenuti negativi (non uscire di casa per nessun motivo di venerdì 13 o 17);
- Si trasformi il rituale scaramantico in ossessione talmente necessaria da determinare una forte e soverchiante risposta di ansia se non messa in atto.
Tutte queste situazioni limitano lo svolgimento delle proprie attività, incidono fortemente sull’umore e sul benessere personale al punto da poter divenire un vero problema.
Non sempre, visti anche i benefici che produce, la superstizione va sradicata, ma quando prende il sopravvento, limitandoci e aumentando i livelli di ansia, sarebbe auspicabile affrontarla e contrastarla.
Il rimedio più efficace in questi casi è prendere coscienza della loro pericolosità e irrazionalità e rinforzare un pensiero critico su queste illogiche convinzioni, arrivando alla consapevolezza del loro potere limitante della libertà personale.
Per approfondire:
- Jahoda G, Psicologia della superstizione, Mondadori, 1972;
- Piaget J., Il giudizio morale nel fanciullo, Giunti, 1973;
- Trenton N., Smetti di pensare troppo, edizioni LSWR, 2022.
Autrice: Ilaria Corona