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Attaccamento e intimità psicologica: dal bisogno alla paura

In momenti particolarmente stressanti la maggior parte delle persone esprime il bisogno di una forte vicinanza emotiva.
In queste circostanze, il contatto, uno scambio di sguardi o anche solo la presenza fisica di qualcuno ci permette sia di alleviare la tensione e lo stato di malessere da cui sentiamo di essere sopraffatti, sia di sentirci meno soli.
Ma, a fronte di questi bisogni di supporto ed intimità psicologica, molte persone non riescono a lasciarsi andare e a ricercare in profondità delle relazioni significativamente autentiche.
Cosa succede e perché alcune persone sembrano avere paura della vicinanza emotiva dell’altro?
Questa paura sembra essere molto comune e non legata solo al tipo di relazione che costruiamo con gli altri.
La vicinanza emotiva e l’intimità psicologica sono delle esperienze soggettive profonde e molto complesse che richiedono competenze prosociali e predisposizioni individuali da mettere in campo nella relazione con l’altro.
È proprio all’interno di una relazione intima che noi scegliamo di metterci a nudo con i nostri punti di forza ma soprattutto con quelli di debolezza, mostrando e condividendo parti di noi non solo poco visibili, ma, spesso ben celate per paura di esporci troppo e di renderci vulnerabili agli occhi dell’altro, (e quindi indifesi davanti agli attacchi), con il rischio di perdere la nostra identità, spesso faticosamente costruita e preservata.
Ricercare e mantenere una vicinanza emotiva richiede, allora, un processo di reciprocità e di fiducia che ci possa consentire di donare agli altri ciò che di più prezioso e “segreto” ci appartiene, anche con il pericolo di perderlo, vederlo calpestato o addirittura rifiutato.
Ma qual è l’origine della paura dell’intimità e quali le conseguenze?
Una componente centrale nella capacità di avere relazioni emotive significative è strettamente correlata alle prime relazioni ed in particolare all’aver sperimentato un attaccamento sicuro con le principali figure di accudimento.
È proprio la disponibilità del caregiver, una buona responsività intesa come la capacità di rispondere adeguatamente ai bisogni del bambino sintonizzandosi emotivamente con lui offrendogli cura, calore e protezione che costituiscono gli ingredienti che pongono le basi per una sana intimità psicologica ed un buon senso di sicurezza, necessari per lo stabilirsi di relazioni future stabili e per un adeguato sviluppo di personalità.
Di contro, la mancanza di una base sicura in grado di offrire un’esperienza protettiva di vicinanza emotiva ed un’intimità rassicurante può costituire un fattore di rischio per lo sviluppo di relazioni percepite come minacciose e pericolose per l’individuo.
In particolare, esempi di relazioni instabili con le figure di attaccamento che possano esitare in paura di intimità hanno a che fare con specifiche caratteristiche dei caregiver, quali:

  • invadenza ed intrusività eccessive tanto da rendere minacciosa l’esperienza della vicinanza emotiva per la vita dell’individuo che, di conseguenza, prende le distanze da tale situazione come strategia di sopravvivenza;
  • eccessivo controllo ed imposizione di regole rigide che non consentono di vivere le relazioni in maniera libera e spontanea;
  • mancanza di empatia e di “compassione” che non permettono all’individuo, sin dalle prime fasi di vita, di interpretare e dare il giusto significato alle esperienze simboliche ed affettive che si susseguono;
  • imprevedibilità ed ambivalenza del legame e delle risposte fornite al bambino che oscillano ai poli opposti generando uno stato confusivo da cui ci si può difendere spesso solo acquisendo una distanza emotiva dai caregiver e dalle future relazioni.

In queste circostanze, spesso, davanti alle risposte incostanti, trascuranti o controllanti dei caregiver, il bambino impara, dunque, a re-agire rinunciando all’esperienza dell’intimità psicologica, a scapito dell’autenticità delle relazioni da cui prende le distanze emotivamente in nome della propria salute psicologica!

Per approfondire

  • Bowlby J., Attaccamento e perdita, vol.1: L’attaccamento alla madre, Boringhieri, 1972;
  • Harriss, P.L., Il bambino e le emozioni, Raffaello Cortina Editore, 1995;
  • Holmes J., La teoria dell’attaccamento. John Bowlby e la sua scuola, Ed. Raffaello Cortina, 2017.

Autrice: Lorella Cartia

 

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