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Filofobia: paura di abbandonarsi all’amore

Quando si parla d’amore, inevitabilmente tutti sono portati a connotarlo positivamente come quel supremo sentimento di legame che dona benessere, rende ricca la propria esistenza, al punto da dover essere sempre ricercato, piuttosto che evitato.
Ma è realmente così per ogni persona?
Alcuni vivono l’amore come una limitazione allo sviluppo e all’evoluzione della propria individualità, percependo maggiormente l’aspetto di vincolo; spesso viene interpretato come sacrificio di sé, una costrizione o, addirittura, una condizione di vero e proprio pericolo da cui tenersi a distanza.
In ambito psicologico, la paura di amare o, in generale, di instaurare relazioni stabili e durature, è definita con il termine filofobia che, per quanto poco conosciuta, rappresenta una realtà molto diffusa.
Il timore di abbandonarsi all’altro, manifestando difficoltà nell’entrare in intimità affettiva, è descrivibile come una inibizione emozionale che può avere, tra le varie conseguenze, un totale allontanamento dalle relazioni di attaccamento affettivo.
Così, nelle situazioni che richiedono un coinvolgimento emotivo, chi soffre di filofobia può trovarsi a sperimentare un forte ed incontrollabile stato di disagio, ansia o condizione effettiva di blocco, dovuto alla percezione di non riuscire a sintonizzarsi con l’altra persona, o di avere un eccessivo timore nel provare a farlo, con conseguenziale tendenza all’isolamento.
Non è raro riscontrare nei filofobici la contemporanea presenza di emozioni contrastanti, conflittuali e ambivalenti che evidenziano quanto alla paura di innamorarsi si associ il desiderio di affetto e vicinanza.
L’evitamento delle relazioni diviene allora un meccanismo difensivo messo in atto per il timore di poter soffrire, di perdere il controllo, alternando momenti in cui si avverte il desiderio di legame, ad altri dove, al contrario, si ricerca distacco.
Senza dubbio, lasciarsi andare all’innamoramento e concedersi, significa anche essere disposti a mettere in gioco le parti più fragili e intime di sé ed è proprio questo aspetto a spaventare maggiormente, determinando un forte impedimento a lasciarsi coinvolgere nelle relazioni.
Ma da dove può avere origine questa paura?
È altamente probabile che il fondamento della filofobia sia da ricercarsi nella storia di vita della persona, nei suoi precedenti vissuti di abbandono, nelle sue ferite e delusioni, spesso inferte da figure affettive che si sono rivelate abbandoniche, assenti, non protettive.
È questo che potrebbe spiegare il paradossale incontro/scontro tra la ricerca di vicinanza e di un solido riferimento emotivo, accanto alla paura di vivere un vero e profondo legame, correndo il rischio di perderlo.
Nel momento in cui si giunge alla consapevolezza di non riuscire ad avere relazioni stabili, ma di essere sempre coinvolti in situazioni “impossibili” che causano sofferenza, sarebbe auspicabile fermarsi a riflettere su quale sia la propria responsabilità nella determinazione di schemi comportamentali e relazionali che tendono a ripresentarsi continuamente, come copioni già scritti che hanno sempre lo stesso finale.
Il primo, fondamentale passo per affrontare e superare il problema è, innanzitutto, riconoscerlo per poi concedersi l’opportunità di affacciarsi alla propria dimensione interiore e nascosta e di provare a curare le vecchie ferite, lasciando spazio alla fiducia e alla possibilità di affidarsi.

Per approfondire:

  • Cugini M. E., Amare e lasciarsi amare, Franco Angeli, 2015;
  • Nardone G., Psicotrappole, Ponte delle Grazie, 2018;
  • Veneruso D., Philophobia e philoterapia: paura di amare, Franco Angeli, 2019.

Autrice: Ilaria Corona

 

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