I “terribili due”: la fatica di farsi capire
I pianti irrefrenabili, le urla a squarciagola, gli atteggiamenti sfidanti o provocatori e i comportamenti oppositivi dei bambini mettono a dura prova i genitori che si trovano spesso a vivere, davanti a tali condotte esasperanti, una gamma di emozioni negative quali la rabbia, il senso di colpa, la frustrazione, sentimenti di inadeguatezza.
Tali comportamenti non desiderabili vengono comunemente considerati capricci in un’accezione negativa, come modalità meramente afinalistica e immotivata.
Ma è davvero così? Cosa rappresentano per il bambino?
I capricci nascono da un forte momento di frustrazione che il bambino riesce a gestire solo con i limitati strumenti di cui dispone, il pianto o le urla.
Rispetto ad un adulto dotato di strumenti complessi ed affinati col tempo e con funzioni mentali superiori, il bambino sin dall’inizio viene tempestato da infinite informazioni e stimoli provenienti dal proprio mondo interno ma soprattutto dall’esterno, percepito come luogo ignoto ed imprevedibile cui deve provare a dare significato per poter sopravvivere e nei primi anni di vita sono i genitori e le figure di riferimento gli unici cui potersi affidare e da cui dipende in tutto.
Inoltre, mentre l’adulto può contare sull’uso del linguaggio per comunicare ed esprimere i propri bisogni o desideri, un bambino ha una cassetta degli attrezzi ancora molto scarna e l’unico modo con cui può farsi capire ed attivare l’altro è il suo linguaggio specifico, ovvero il pianto o i capricci.
Tale modalità di comunicazione, più nota ai bambini e normalmente utilizzata, si intensifica in particolare intorno ai 18-24 mesi fino ai tre anni di età, periodo ormai noto con il termine “i terribili due anni”, mutuato dall’inglese “terrible twos” .
I terribili due rappresentano una fase normale di sviluppo indispensabile per avviare e portare a compimento il processo di autonomia segnato dalla presa di coscienza del bambino di essere un individuo separato dalla madre e di avere una personalità, desideri e bisogni propri e diversificati dai suoi.
In questa fase, infatti, i bambini sperimentano pianti spesso inconsolabili o pretese irraggiungibili in quella che dal genitore viene vissuta come una lotta di potere ma che, in realtà, costituisce l’evidente conferma del processo di separazione dal proprio caregiver e l’affermazione della propria libertà e diversità dalle figure di riferimento affermando il suo desiderio di indipendenza.
Allo stesso modo, tale scoperta pone il bambino nell’incertezza e nel bisogno oscillante e periodico di tornare all’esclusività della relazione con i genitori per ritrovare la base sicura ed esplorare il mondo esterno con la conseguente ambivalenza tra il desiderio di autonomia e la paura dell’ignoto.
È in questa fase che il bambino spesso non è ancora consapevole dei propri desideri o non sa esprimere i propri bisogni e invece di verbalizzarli li agisce con le inevitabili emozioni di rabbia o aggressività, quando non riesce a tollerare la frustrazione di non essere compreso dall’altro.
Ma perché proprio “i terribili due”?
Questa è un’età in cui il bambino raggiunge una maggiore consapevolezza nello sviluppo cognitivo, linguistico, motorio, oltre ad una maggiore indipendenza che gli permette di sperimentare il proprio sé nel mondo, disobbedendo alle regole dell’adulto percepite come un freno.
Ciò lo porta ad opporsi e scontrarsi con le richieste dell’adulto e, usando spesso il “no”, sia verbalmente che con i gesti, afferma la propria ritrovata identità.
Inoltre, all’età di due anni la personalità del bambino inizia a plasmarsi insieme all’acquisizione di maggiori competenze linguistiche ma la corteccia prefrontale, area del cervello deputata ai più complessi compiti cognitivi, tra cui l’autoregolazione emotiva, non sarà matura fino al raggiungimento dell’età adulta.
Anche la capacità di mentalizzazione, che consiste nella capacità di comprendere i propri e altrui stati mentali controllando gli impulsi, regolando le emozioni e dando significato a tutti i comportamenti umani, non è ancora completata ma comparirà in toto intorno ai quattro anni.
Solo quando impareremo a riconoscere che dietro i comportamenti difficili dei bambini si celano delle reazioni corrispondenti a particolari fasi evolutive o delle motivazioni più profonde e sottese alla relazione saremo capaci di fornire le giuste risposte attraverso un comportamento funzionale e proattivo.
Per approfondire:
- Bateman A., Fonagy P., Il trattamento basato sulla mentalizzazione: Psicoterapia con il paziente borderline, Ed. Raffaello Cortina, 2006
- Montessori M., Il segreto dell’infanzia, Edizioni Ticinesi, 1938
- Piaget J., Lo sviluppo della nozione di tempo nel bambino. Firenze, La Nuova Italia editrice, 1979.
Autrice: Lorella Cartia