Il babywearing: portami sempre con te
Avete mai sentito parlare del babywearing?
Si tratta di un’antichissima pratica, utilizzata da diversi popoli già in passato ed in uso in Italia solo da pochi decenni, che consiste nel portare i bambini “indossandoli”, cioè avvolgendoli attorno al corpo del genitore attraverso appositi sostegni, come fasce o marsupi.
La pratica del babywearing permette al neonato, soprattutto nei primi mesi di vita, un adattamento all’ambiente circostante, per lui del tutto nuovo, in modo graduale e quindi potenzialmente meno traumatico, poiché si richiamerebbe una condizione analoga a quella vissuta durante la vita intrauterina.
Attraverso il contatto continuo con la mamma, il piccolo potrà percepire il suo calore, il battito del cuore materno, l’odore familiare e, di conseguenza, essere avvolto dalla sensazione di maggiore protezione, contenimento e sicurezza.
Tali fattori sono necessari a preparare il bambino alla propria indipendenza futura, per quanto possa apparire paradossale, poiché non si può pensare di divenire autonomi se prima non si è sperimentata proprio la sicurezza della relazione, la consapevolezza di avere una base sicura dalla quale distaccarsi e alla quale poter far sempre ritorno.
Il babywearing assume quasi la connotazione di un confine di contatto tra genitore e figlio che aiuta l’incontro e l’ascolto reciproco, permettendo lo sviluppo di uno stare “insieme”, la creazione di un NOI relazionale che rispetta le esigenze sia del piccolo che dell’adulto, di giusta vicinanza ma anche di presa di distanza in base al momento e alle circostanze.
Diviene allora un modo per conoscersi meglio, per imparare a discernere i bisogni l’uno dell’altro, per segnare quella strada comune dalla quale partire per poi aiutare il proprio bambino a prendere la direzione del suo personale percorso autonomamente e proseguire il suo viaggio di vita.
Ecco allora che il “portare il bambino addosso” (significato letterale del termine babywearing) diviene un vero e proprio strumento pedagogico, poiché aiuta il neonato ad interagire col mondo esterno potendo usufruire però dell’abbraccio confortante e accudente del proprio genitore, educandolo al contatto.
Tra alcuni dei vari benefici psicologici associati al babywearing possiamo distinguere quelli che si riferiscono maggiormente alla madre e quelli che riguardano soprattutto il bambino.
Per la madre, portare il proprio piccolo avvolto a sé può:
- Consentirle di sviluppare maggiore capacità empatica, di comprensione più affinata dei bisogni del figlio, così da poterli soddisfare adeguatamente;
- Sperimentare più intimità con il bambino e vedere aumentata la produzione di ossitocina, ormone fondamentale per diminuire il rischio di depressione post-partum;
- Rafforzare il rapporto di attaccamento sicuro madre-figlio.
Per il bambino, il costante contatto con la mamma potrà aiutarlo a:
- Sviluppare maggiore competenza relazionale e di interazione con l’ambiente;
- Trovare la dimensione più adeguata a vedere soddisfatte le sue esigenze di contatto, calore e vicinanza;
- Poter migliorare lo sviluppo neurologico e motorio, essendo molto più stimolato soprattutto a livello tattile.
Essere al sicuro oggi per poter spiccare il volo senza incertezze un domani!
Per approfondire:
- Attili G., Attaccamento e legami, San Paolo, 2018; L.,
- Bowlby J., Una base sicura, Raffaello Cortina, 1989;
- Recalcati M., Le mani della madre, Feltrinelli, 2016.
Autrice: Ilaria Corona