Nel lettone con mamma e papà: il cosleeping
La maggior parte dei neogenitori, tra i vari dubbi e le molteplici domande che la nuova condizione della genitorialità impone, si trova ad affrontare il delicato quesito del far dormire, o meno, il figlio nel letto con loro.
Nel presente articolo proveremo a valutare i benefici e gli aspetti meno positivi di questa che rimane comunque una scelta molto soggettiva e correlata a diversi fattori.
Tra i pro del cosleeping si potrebbe menzionare la possibilità che questo offre di favorire la formazione del legame, specie di quello madre/figlio, oltre a consentire al bambino di adattarsi meglio al “nuovo” ambiente familiare.
Condividere con i genitori lo spazio nel lettone può, inoltre, permettere lo sviluppo graduale della reciproca conoscenza, spesso basata su quello scambio emotivo così intimo grazie alla possibilità di percepire pienamente l’altro, sentendone la vicinanza, il profumo, il contatto fisico, fattori questi che possono contribuire ad alimentare la sensazione, nel bambino, di tranquillità e sicurezza.
Nella dinamica di circolarità relazionale ed emotiva, il senso di sicurezza potrà essere sperimentato, a loro volta, anche dagli stessi genitori, specie nei primi mesi di vita del bambino dove sono molte le paure, le incertezze, i dubbi su quanto si sta facendo e se lo si sta facendo davvero bene.
Sembrerebbe, inoltre, che la condivisione del sonno sia associata positivamente allo sviluppo dell’autonomia e dell’indipendenza futura del bebè.
Ma come si spiega questo che apparentemente sembrerebbe un paradosso?
Quando la madre risponde attivamente alle esigenze di attaccamento del bambino che, specie di notte, richiede le sue frequenti attenzioni, si mostrerà presumibilmente coerente e presente di fronte alle sue richieste di vicinanza e rassicurazione.
Con il trascorrere del tempo, questa attiva e attesa risposta potrebbe far crescere nel piccolo la certezza, tipica dell’attaccamento sicuro, che la madre, anche se fisicamente distante, sarà disponibile a soddisfare i suoi eventuali bisogni, nel momento in cui la cercherà.
È questo aspetto di consapevolezza e sicurezza della presenza dell’altro a poter favorire l’autonomia; il bambino tollererà meglio la solitudine e il poter dormire lontano dalla madre, proprio perché sicuro di poterla riavere accanto qualora ne sentisse l’esigenza.
A tutto questo è però necessario aggiungere quanto, di contro, il protrarsi a lungo della presenza del bambino nel letto coniugale possa divenire un ostacolo per la coppia, consegnando simbolicamente la responsabilità al figlio di tenere fisicamente “separati” i genitori, un incarico gravoso che non giova né alla coppia stessa, che vede sempre più lontana la propria intimità, né al bambino che potrebbe percepirsi “in mezzo” ai genitori o un sostituto, ad esempio, del padre, invadendo così spazi che non gli appartengono o assumendo ruoli che non gli competono.
Il cosleeping è dunque una necessità per molte famiglie, atta a favorire il rinforzo dei legami, una scelta però che necessita di condivisione, in primis nella coppia genitoriale, che può aiutare a trovare e mantenere equilibrio e serenità nella neo-famiglia e far crescere il senso di sicurezza nel bambino, consapevoli però che dovrà, nel corso del suo sviluppo, trovare il proprio spazio, la propria indipendenza e imparare a tollerare la separazione!
Per approfondire:
- Shane M., Shane E., Gales M., Attaccamenti intimi, Astrolabio Ubaldini, 2000;
- Siegel D.J., Esserci, Raffaello Cortina, 2020;
- Righetti P.L., Non c’è due senza tre, Bollati Boringhieri, 2000.
Autrice: Ilaria Corona