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Relazione genitori e figli adulti, tra conflitto ed attaccamento

La natura delle relazioni instaurate nel corso dell’infanzia con le figure genitoriali e lo stile di attaccamento sviluppato, rappresentano importanti fattori predittivi della formazione della personalità in età adulta e del legame che si creerà con i propri genitori.
All’interno di ogni sistema familiare, affinché i rapporti possano divenire e mantenersi funzionali ed equilibrati, è soprattutto necessario stabilire ruoli e confini il più possibile chiari e flessibili, così che ogni membro della famiglia abbia l’opportunità di riconoscere i compiti che gli competono, il posto occupato e le funzioni da svolgere, in base al ruolo ricoperto.
Tra i compiti che spetterebbero ai genitori, ci sarebbe quello di favorire ed accompagnare adeguatamente lo svincolo del figlio, ormai adulto, e di facilitare la conquista della sua autonomia.
Non sempre, però, questo è ciò che effettivamente accade, a volte lo svincolo può presentarsi impraticabile o impossibile, esasperando dinamiche conflittuali o rapporti di continua e reciproca dipendenza.
Ad esempio, alcuni genitori potrebbero manifestare atteggiamenti manipolatori o invadenti rispetto alle scelte di vita dei propri figli (sentimentali o lavorative), divenendo eccessivamente controllanti ed impedendo il raggiungimento di una personale autonomia decisionale, attraverso meccanismi di attivazione nei figli adulti del senso di colpa e di responsabilità nel sentire di dover soddisfare aspettative e bisogni dei genitori.
Tale schema ed incastro relazionale potrebbe incidere negativamente, in assenza di una comunicazione chiara e di regole ben definite, nella possibilità per i figli di formare la propria famiglia o di scegliere liberamente il partner, costruendo una relazione di coppia sana, matura ed adulta.
Diversi studi condotti sull’argomento hanno messo in evidenza, in tema di stile di attaccamento, che il legame tra figli adulti e genitori è definito, nella maggior parte dei casi, come “eccessivamente stretto” e che sussistono differenze tra il rapporto con il padre, rispetto a quello con la figura materna.
Con la madre, la relazione sembrerebbe essere soprattutto contraddistinta da una maggiore vicinanza emotiva.
Ciò determinerebbe l’aumento della possibilità di una situazione ambivalente, ossia caratterizzata dal desiderio per i figli, da un lato, di avere una relazione più paritaria e simmetrica con i genitori e dall’altro il mantenimento di una dinamica di dipendenza affettiva, dove si continua ad essere figli bisognosi del supporto emotivo, specie della propria madre.
Condizione questa che richiama un “doppio” che potrebbe aumentare la conflittualità, rallentare lo svincolo psicologico e alimentare vissuti di rabbia, risentimento, frustrazione e ansia.
Inoltre, l’alta conflittualità con i genitori può incidere negativamente sull’autostima e l’immagine di sé e riversarsi nella relazione di coppia o nei confronti della prole.
Quali potrebbero essere le risorse individuali, ma anche familiari, utili alla gestione o risoluzione del conflitto?

  • Disponibilità al cambiamento, da parte di tutti i membri del sistema;
  • Attivazione di una comunicazione chiara e flessibile;
  • Apertura al dialogo e al confronto.

Laddove la situazione familiare continuasse a presentarsi come impossibile o difficile da gestire, nonché causa di sofferenza, disagio ed ostacolo per la propria affermazione individuale, il supporto di un professionista potrebbe costituire un’opportunità di ricostruzione relazionale e personale.

Per approfondire:

  • Greco O., Maniglio R., Genitorialità, Franco Angeli, 2016;
  • Malagoli Togliatti M., Osservare, valutare e sostenere la relazione genitori-figli, Cortina Raffaello, 2006;
  • Slade A., Relazione genitoriale e funzione riflessiva, Astrolabio Ubaldini, 2010.

Autrice: Ilaria Corona

 

 

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