“Vieni papà, vai papà, corri papà! L’importanza del padre
Sin dalla nascita, uno dei bisogni fondamentali del bambino è rappresentato dalla vicinanza di un caregiver, in genere la madre, che sappia comprendere e rispondere in maniera recettiva e funzionale ai suoi bisogni, favorendone il senso di protezione e sicurezza.
Non meno importante, però, è il papà, anch’egli tra le prime figure di attaccamento con cui il bambino si confronta e costruisce la propria identità.
Se è vero che attraverso la gravidanza la mamma ha potuto creare e consolidare un legame più intimo, regolare e continuo con il bambino, è altrettanto vero che l’importanza del padre comincia parimenti dal concepimento, consapevolezza che soprattutto all’inizio, non accompagna molti padri, sopraffatti dalla sensazione di essere solo marginali nella esclusiva relazione madre-bambino.
Diventare una figura di riferimento stabile e costante per il bambino richiede, infatti, da parte del padre, la consapevolezza di un processo che inizia anche per lui dalle fantasie e dai desideri sulla nascita di un figlio, dalla gravidanza intesa come fenomeno famigliare e non individuale della madre e dal superamento di sentimenti di autosvalutazione, rifiuto ed esclusione più legati a stati emotivi interni che a condizioni reali.
Il papà diventa così quella base sicura su cui poter costruire legami, esplorare il mondo e costruire la propria identità.
È attraverso lui che il bambino conosce, si rappresenta e risignifica il maschile nella vita e nelle relazioni con gli altri, con il femminile e con i pari.
È sempre attraverso il rispecchiamento con il padre che il bambino si crea e consolida dei valori che diventano patrimonio per la famiglia e per le generazioni future.
Allo stesso modo, l’autorevolezza del padre si costruisce anche con i “no” che aiutano il figlio a sperimentare la frustrazione, a tollerarla e a gestirla scoprendo nuove strategie di coping e di adattamento che non si sarebbero potute sviluppare in una cornice di vuoto normativo.
Uno dei massimi esponenti della psicologia infantile, lo psicoanalista Eric Erikson, pone l’accento sulle differenze qualitative tra l’amore materno e quello paterno: il primo più spontaneo e naturale, il secondo più atteso e strumentale, entrambi necessari per lo sviluppo e la crescita del bambino.
Ma vediamo nel dettaglio alcune di queste differenze tra padre e madre in contesti di relazione col figlio.
- Comunicazione e linguaggio.
I padri tendono a parlare in maniera più diretta, breve, mirata al punto anche sfidando il bambino ad ampliare il proprio vocabolario attraverso un uso sempre maggiore di termini complessi facilitando, in questo modo, lo sviluppo di competenze linguistiche e predisponendo per futuri successi scolastici.
Le madri, invece, utilizzano un linguaggio più vicino all’età del bambino, fatto di suoni onomatopeici, parole molto semplici e facilitate, portandosi al livello del loro piccolo e avvicinandosi, di fatto, al linguaggio infantile.
- Giochi ed interazioni.
Questo ambito contiene una molteplicità di differenze, anche dovute alla diversa fisicità tra padre e madre e al diverso modo di interagire con i figli pur garantendo entrambi il soddisfacimento di bisogni essenziali per il bambino di amore, fiducia, intimità, sicurezza e complicità.
La sfera più prettamente ludica sembra appartenere maggiormente ai papà, mentre alle mamme quella più squisitamente affettiva, di calore e di accudimento, elementi che si rispecchiano nella diversa tipologia e modalità di gioco scelta da entrambi.
Se il papà privilegia giochi di contatto come la lotta, sfide che prevedano un “rischio minimo calcolato”, la competitività o l’indipendenza, la mamma sceglie giochi più emozionali, che includano attività di vicinanza, garantendo maggiore prudenza, sicurezza e stabilità.
Nel corso dello sviluppo, insieme ai giochi e alle interazioni, cambierà anche il tipo di relazione che il papà costruirà con il figlio e che richiede una sua capacità di adattamento e flessibilità alle diverse crisi evolutive cui è chiamato a rispondere, così come muterà il significato che il bambino o adolescente attribuirà, di volta in volta, alla figura del padre e al suo ruolo nel percorso che lo porterà a diventare adulto e nella relazione con il mondo esterno.
Da simbolo di sicurezza e protezione dai pericoli esterni a modello valoriale e morale da prendere come esempio, passando da autorità a cui ribellarsi e distaccarsi per consolidare la propria identità in adolescenza, fino a guida silenziosa che accompagna l’autonomia del figlio e lo sviluppo di una personalità ormai adulta diversa da sé accettandone le scelte e riconoscendone piena indipendenza.
Si può parlare di importanza del padre?
Per approfondire:
- Erikson E., Infanzia e società, Ed. Armando, 1963;
- Novellino M., L’arco e la freccia. Origini, crisi e sviluppo del rapporto tra padre e figlio, Ed. Franco Angeli, 2009;
- Stern D., Il mondo interpersonale del bambino, Ed. Bollati Boringhieri, 1987.
Autrice: Lorella Cartia