Non chiamatelo mammo!
Spesso, nei film o nelle pubblicità siamo abituati a vedere la figura del papà come di un eterno bambino esclusivamente dedito alla componente ludica, incapace di cambiare un pannolino o di occuparsi della casa fornendo una visione rigidamente stereotipata dei ruoli in famiglia a tal punto che quegli uomini che partecipano attivamente alla cura e all’educazione dei figli si sono meritati l’appellativo di “mammo”.
Ma è giusto parlare di mammo?
Quali significati sono celati dietro questo nome?
Indubbiamente nato per sottolineare il netto passaggio da un’epoca in cui il papà era completamente assente e votato unicamente al lavoro e alle relazioni sociali a quella in cui anche lui entra a far parte e si interessa del ménage familiare, questa denominazione rischia però di minare e danneggiare entrambi i ruoli, da un lato quello femminile ancora una volta pensato come detentore esclusivo della gestione di figli e famiglia, dall’altro lo stesso ruolo maschile che ne risulta svilito, indebolito, ridicolizzato se prova ad uscire dalla funzione assegnatagli in passato.
Il risultato non può che confermare la rigida suddivisione dei ruoli nella cura e accudimento dei figli che rimane strettamente ancorata ad un’attitudine di genere.
Se le parole ci definiscono e ci determinano, allora chiamare mammo un papà equivale a comunicargli che non è al posto suo e ciò rende inimmaginabile una modalità diversa di essere padre.
Inoltre, il termine “mammo” rinforza anche al bambino l’idea che certe mansioni sono predefinite e legate al genere convalidando implicitamente l’idea stereotipata del femminile quando invece la gestione di casa ed affetti non dovrebbe essere affare da donna ma “affare di famiglia”.
Dire al proprio bambino “papà e mamma collaborano per l’organizzazione famigliare” impatta diversamente che dire “papà aiuta mamma nell’organizzazione famigliare” non facendo passare questo come un compito appannaggio di mamma.
Ciò diventa ancora più importante se pensiamo che il modo in cui il padre tratta la madre o viceversa costituisce il modello genitoriale per i bambini di come debbano essere trattate, e quindi rispettate, le persone fuori dalle mura domestiche.
Anche le parole costruiscono il rispetto!
Se un bambino vede il papà che in casa si occupa di tutto al pari della mamma, per lui sarà assolutamente normale che possa essere lui a prenderlo fuori da scuola, piuttosto si chiederà stupito come mai gli altri papà non facciano lo stesso!
Il ruolo del padre è fondamentale nella vita di un figlio sin dal concepimento e non solo, nel corso della gravidanza come processo di trasformazione della coppia e alla nascita per fare spazio mentale e psicologico, oltreché fisico al nascituro e per la creazione di una dimensione emotiva ed affettiva nuova all’interno della neofamiglia.
Per contro, il termine mammo lo relega ad una posizione periferica nell’ambito famigliare usurpandolo delle proprie competenze genitoriali con la conseguenza di una inevitabile frattura all’interno della coppia genitoriale che vede da un lato una madre sovraccaricata di responsabilità e dall’altro un padre escluso dalla triade con il figlio.
Cosa fare per spezzare questo circolo vizioso?
Innanzitutto diventa indispensabile riconoscere la funzione primaria del padre, parimenti importante a quella della madre, nello sviluppo del bambino e nel suo benessere psicofisico.
Il coinvolgimento paterno, inoltre, ha effetti benefici anche sul padre quando la paternità viene vissuta in modo empatico, consapevole e responsabile perché permette di essere emotivamente più disponibili e cognitivamente più flessibili e comprensivi.
In parallelo, anche la relazione coniugale, una volta bilanciata nella distribuzione di ruoli e responsabilità, potrà cimentarsi in un territorio spesso poco esplorato: quello dell’alleanza genitoriale.
Infine, altrettanto prioritario è convalidare le emozioni e i vissuti del padre supportandone e facilitandone l’ingresso nel mondo affettivo del bambino perché i bambini hanno bisogno di una mamma E di un papà.
Non chiamatelo mammo.
In italiano la parola esiste. Si chiama papà!
Per approfondire:
- Novellino, M., L’arco e la freccia. Origini, crisi e sviluppo del rapporto tra padre e figlio, Franco Angeli, 2009;
- Pellai A., Da uomo a padre, Mondadori, 2019;
- Zanfroni E., Educare alla paternità. Tra ruoli di vita e trasformazioni familiari, Editrice La Scuola, 2005.
Autrice: Lorella Cartia