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Come mi vedo? L’immagine corporea tra realtà e percezione

Nella nostra società, il condizionamento determinato dagli stereotipi culturali legati all’aspetto fisico rappresenta uno dei fattori che agisce sulla percezione della propria immagine corporea, influenzandola e in alcuni casi alterandola, modificando anche il modo di pensare e conducendo all’esigenza di voler, in qualche modo, eliminare o correggere quelle che si vedono come delle “imperfezioni”.
Non riuscire ad apprezzare il proprio aspetto può determinare, inevitabilmente, la ricerca di modalità finalizzate al cambiamento.
Ma è questo cambiamento che davvero potrebbe comportare il sentirsi finalmente adeguati, permettendo di ritrovare l’autostima e l’amor proprio?
Partiamo con il cercare di comprendere cosa si intende per immagine corporea.
Spesso, si è portati a credere che l’immagine corporea corrisponda all’aspetto esteriore, ma in realtà essa equivale più alla percezione che abbiamo del nostro corpo, alla sua rappresentazione mentale, a ciò che ci formiamo nella mente, frutto della combinazione di diversi fattori come la percezione, la cognizione, le emozioni e, non per ultima, la componente affettiva rappresentata dai sentimenti che si nutrono verso il proprio corpo che possono incidere sull’accettazione di Sé, sull’autostima e sui comportamenti che ne conseguono (scelte alimentari o legate all’attività fisica).
La creazione dell’immagine corporea segue le tappe evolutive del ciclo vitale della persona, a partire dall’infanzia per poi cambiare in adolescenza, risentendo di condizionamenti interni, ma anche di natura socio-culturale.
Influenze ambientali, esperienze avverse (come, ad esempio, l’aver subito umiliazioni), la natura delle relazioni con i coetanei e con le figure affettive di riferimento come i genitori, contribuiscono alla creazione della percezione di Sé e della propria dimensione fisica.
Durante il suo processo di formazione, è possibile che ci si trovi di fronte ad un confronto/scontro tra il corpo reale e quello ideale e, quando questi non coincidono, potrebbero determinarsi forte insoddisfazione, sofferenza e disagio fino a giungere, in alcuni casi e in combinazione con altre fonti di vulnerabilità e di rischio, a disturbi come quelli alimentari e il dismorfismo corporeo, o dismorfofobia, in cui la persona, costantemente ed eccessivamente preoccupata per un immaginario o irrilevante difetto fisico, investe la maggior parte del proprio tempo nel tentare di controllare e modificare la forma fisica, pur non trovando mai reale e autentica soddisfazione, manifestando cognizioni negative di Sé, distorsioni percettive e pensieri rimuginativi, fino a giungere a comportamenti potenzialmente nocivi per la propria salute, a evitamenti o all’isolamento sociale.
Imparare ad apprezzare se stessi, specie nelle fasi della vita in cui la formazione dell’idea di sé e della propria immagine sono in via di costruzione (come in adolescenza), è un necessario e fondamentale apprendimento e costituisce un fattore protettivo non solo rispetto al rischio di conseguenze psicopatologiche, ma anche per il raggiungimento di una reale condizione di benessere sia personale che nelle interazioni sociali, oltre che nella formazione di una buona autostima.

Per approfondire:

  • Faccio E., Le identità corporee, Giunti, 2007;
  • Marletta V., Percezione corporea, Psiche 2, 2015;
  • Schilder P., Immagine di sé e schema corporeo, Pgreco, 2019.

Autrice: Ilaria Corona

 

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