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La Sindrome dell’impostore: quando il successo è un inganno mentale

Ci sono persone che non si percepiscono “all’altezza” o competenti in alcuni ambiti, soprattutto quello lavorativo, nonostante il ruolo o le mansioni di responsabilità elevati a loro affidati.
Questa condizione psicologica non solo li fa dubitare delle loro competenze e risorse, ma contribuisce a creare delle convinzioni negative sulla loro immagine personale e professionale fino a portarli ad autodefinirsi come “impostori” e a minare il loro senso di autoefficacia.

Ma cos’è la sindrome dell’impostore?

La sindrome dell’impostore, conosciuta anche come impostor syndrome in inglese, è un fenomeno psicologico strettamente correlato ad una bassa autostima e che colpisce individui di varie fasce d’età e professioni, lasciandoli convinti che il loro successo sia frutto di fattori esterni come la fortuna o un errore piuttosto che delle loro reali capacità.
Al centro di questo meccanismo di autosvalutazione spesso vi sono esperienze relazionali significative come quelle sperimentate nell’ambiente familiare.
Spesso, infatti, la storia familiare di queste persone è permeata di difficoltà di confronto e di espressione emotiva, alta conflittualità, genitori iperprotettivi e controllanti, costante competizione con i fratelli.

Quale impatto sulla salute mentale e sul benessere psicofisico?

L’impatto può essere significativo influenzando l’autostima, la percezione di sé e le relazioni personali e professionali fino al ritiro sociale o all’evitamento di situazioni in cui si teme di essere esposti come “impostori”.
La sindrome dell’impostore è stata inizialmente descritta nel 1978 dalle psicologhe Pauline Rose Clance e Suzanne Imes, che l’hanno identificata in particolare tra le donne di successo.
Tuttavia, la sindrome dell’impostore non colpisce solo un gruppo demografico specifico, ma può interessare chiunque, indipendentemente dal genere, dall’età o dal livello di successo professionale.

I sintomi più comuni della sindrome dell’impostore includono:

  1. dubbi sulle proprie capacità, ovvero si tende a sottovalutare le proprie abilità e a credere che il successo sia dovuto a fattori esterni, come la fortuna, il caso o le circostanze;
  2. paura di essere scoperti come “impostori”, temendo che gli altri si rendano conto che non sono così competenti come sembrano;
  3. perfezionismo e autoimposizione di standard irrealistici e irraggiungibili, nella convinzione che solo il perfezionismo possa confermare la propria competenza;
  4. difficoltà nell’accettare elogi e riconoscimenti non riconoscendoli attribuibili alle proprie capacità ma a fattori esterni per cui si minimizzano anche i complimenti altrui;
  5. convinzioni negative accompagnate dalla sensazione di non meritare la propria posizione, quali “non sono all’altezza”; “sto ingannando gli altri” per cui si teme il giudizio e la valutazione e si ricorre a meccanismi di evitamento; “non posso sbagliare” diventando intransigenti e ipercritici verso se stessi; o ancora, “gli altri meritano più di me” idealizzando gli altri a scapito del proprio operato.

Oltre ad un ambiente familiare controllante, ipercritico o iperprotettivo e alla tendenza al perfezionismo, alcuni fattori di rischio possono essere rappresentati da cambiamenti significativi quali grandi transizioni nella vita, come iniziare un nuovo lavoro, la nascita di un figlio, o assumere nuove responsabilità e nuove sfide tipiche del ciclo vitale cui adattarsi gradualmente.

Quali strategie allora nella gestione e trattamento di questa sindrome?

Pur non essendo un disturbo mentale né una patologia, potrebbe essere utile imparare a:

  • riconoscere il successo accettando l’idea che le proprie abilità personali abbiano contribuito al suo raggiungimento;
  • modificare il dialogo interno e le convinzioni legate alla propria immagine, sostituendo i pensieri negativi con quelli positivi;
  • gestire il fallimento come fenomeno che fa parte del processo di crescita personale e professionale;
  • chiedere aiuto, confrontandosi con amici, familiari o, con un professionista per ricevere un sostegno emotivo, essere consapevoli e rafforzare le proprie risorse interne.

Solo se siamo consapevoli della nostra forza di poter agire un cambiamento ne diventiamo padroni e soggetti attivi riprendendo in mano le chiavi della nostra vita!

Da approfondire:

  • Burns, D. D., Sentirsi bene: Edizione rivista e ampliata, Tea Edizioni, 1998;
  • Clance, P. R., Imes, S. A., La sindrome dell’impostore: Come superare la paura di non essere all’altezza, Raffaello Cortina Editore, 1978;
  • Neff, K. D., Autocompassione: Come curare il rapporto tormentato con noi stessi. Ponte alle Grazie, 2012.

Autrice: Lorella Cartia

 

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